domenica 2 agosto 2009

Tempo fa ho vinto la battaglia con la porta della cucina, detta anche "Il mostro".
La porta fece la sua comparsa anni fa in una ex casa al mare dei miei. Entrò dentro casa con la scusa di essere un dono da parte di due incauti amici e venne accolta con entusiasmo da mia madre. Io frenai il mio alla visione dei suoi molteplici tentacoli.
Fin dal primo incontro scorsi l’anima malvagia di quell’essere e capii il suo fine: ucciderci e impossessarsi della casa.
I tentacoli del mostro erano colorati (per attirare le vittime), di paglia dura e di forma incrociata (per incutere più timore), e inevitabilmente si avvinghiavano addosso a chiunque avesse la sfortuna di varcare distratto la sua soglia. Aveva una leggera predilezione verso gli esseri umani che trasportavano qualcosa in cucina (ancora meglio se qualcosa di rovesciabile o frantumabile). Nella migliore delle ipotesi il mostro riusciva farti perdere l’equilibrio infilandoti i suoi tentacoli ovunque, perfino dentro i buchi del naso.
Il mostro aveva uno spiccato odio verso di me. Mi aggrediva come non faceva con nessun altro. Ha provato spesso a strangolarmi (costringendomi ogni volta a sradicare con forza alcuni dei suoi tentacoli) e voleva chiaramente uccidermi.Inutili i miei appelli a mia madre non venni creduta, andai in analisi per molto tempo.
Tempo dopo, nel bel mezzo del pranzo domenicale, l'ho rivisto. Il mostro era lì e mi guardava rabbioso perché ormai depauperato di molti dei suoi tentacoli, sradicati sia da me sia dalle altre vittime (stufe delle sue angherie).
Per una volta decisi di attaccare io.
Capite le mie intenzioni il mostro di paglia cercò subito di ribellarsi aggredendomi, io mi feci scudo con una crema solare e lo contro-attaccai con un grosso pettine (tutte cose che inspiegabilmente si trovavano nei paraggi della cucina). La lotta fu una lotta epica (tipo quella di Gandalf il bianco contro Balrog del Signore Degli Anelli) ma alla fine il mostro fu vinto. La sera chiesi a mia madre (a tutti gli effetti proprietaria del mostro), il permesso di sbarazzarmene definitivamente (la porta era per terra rannicchiata in un angolo, ormai sfinita). Al suo ok laconico presi la sua spina dorsale di legno a piene mani e feci per spezzarla. Purtroppo il mostro era ancora vivo e riuscì a farmi due grossi tagli nella mano prima dell'ultimo sussulto.
Spezzato in due, ho riposto le membra e la carcassa dentro un sacco della spazzatura, lo portai fuori per riporlo nel bidone. La mattina successiva sono ripassata di lì e ho buttato lo sguardo, ma ho trovato solo un gatto che faceva no con la testa.
Il “mostro” era sparito. Chissà dove, chissà come. Io comunque ho dormito con un occhio aperto...





« Il film che vedrete è un resoconto della tragedia capitata a cinque giovani in particolare a Sally Hardesty e al suo fratello invalido Franklin; il fatto che fossero giovani rende tutto molto più tragico, le loro giovani vite furono stroncate da eventi così assurdi e macabri che forse neanche loro avrebbero mai pensato di vivere...per loro una gita pomeridiana estiva si trasformò in un incubo e i fatti di quel giorno portarono alla scoperta di uno dei crimini più efferati della storia americana »
(voce narrante all'inizio del film)
Non Aprite quella Porta - Tope Hooper - 1974

martedì 28 luglio 2009

[...] Come andiamo signora Paoloni?
Male.
Vede che migliora? Ieri ha detto “malissimo”! [...]

Il prof. dott. Guido Tersilli primario della clinica Villa Celeste convenzionata con le mutue - Luciano Salce - 1969




Praticamente ho quasi vissuto nelle cliniche, ma la visita dal mio dottore per le ricette, è sempre da me temutissima per la mole dei pazienti. La mia speranza e’ di uscirne (viva) prima di mezzanotte, ma mi accorgo sempre che purtroppo l’ambiente è già stracolmo, con tribune e i popolari pieni.
Mi resta solo qualche fortunato posto nei distinti, e quindi in piedi.

La folla è tra le più svariate: ragazzi e ragazze, una donna che fa dei ricami…però si nota subito che le migliaia e migliaia di nonni e nonne centenari, la fanno da padrona essendo la netta maggioranza
Un po’ atterrita dalla presenza di quell’ingiustificata orda di pazienti chiedo incauta un innocente: “scusate, chi è l’ultimo?”… la domanda scatena un putiferio perché nessuno vuole essere l’ultimo! Si contano a vicenda, parlano insieme (e non si capisce niente), c’è quello che nega dice di essere arrivato dopo, quello che dice che è lì solo per la ricetta, altri che piangono…insomma, quando cominciano a scatenarsi i primi scontri, evito il lancio dei lacrimogeni da parte delle forze dell’ordine, facendomi da parte e tenendomi come riferimento la donna dei ricami, potrebbe essere lei l’ultima vittima.

Man mano che il tempo passa, continua ad arrivare gente e alle 16 siamo già più di settecento persone.
Il silenzio regna sovrano, ma si nota subito che tutti i nonni, nonne, signori e signore, si guardano intorno speranzosi che qualcuno dica una qualsiasi cavolata, per poter cominciare a parlarne.
Quando tutte le speranze sembrano svanite, puntualmente arriva la prima cazzata, rivolta ovviamente all’unica persona delle settecento che non stava guardandosi intorno: “ma lo sa che lei ricama benisssssimo?!”
La donna alza gli occhi e sorride orgogliosa, partono subito un coro e 90 minuti di applausi corredati da una ola improvvisata. La vecchia vicino alla donna (quella che le aveva fatto il complimento) chiede informazioni sul tipo di ricamo e sullo stile, sparando termini propriamente tecnici con lo scopo di stupire e suscitare l’invidia dei presenti (da qui si capisce il suo vero scopo). Una signora dall’aria un po’ rincoglionita ci casca subito: “ah ma quindi ricamava anche lei?!?”, la vecchia scaltra ovviamente annuisce fiera “quando potevo..SI’!” e parte con una serie di descrizioni accurate delle varie opere d’arte composte, che farebbero impallidire Michelangelo. Malumore generale tra le nonne che, divorate dall’invidia, provano a inserirsi successivamente nel discorso con la stessa idea della furba vecchietta, ma ormai è troppo tardi, le vecchiette vengono subito tacciate di menzogna e allontanate dallo studio medico a calci.

Finito il momento dell’apoteosi, noto che il pubblico impaziente ancora rumoreggia forse perché non soddisfatto della discussione, infatti tutti i maschi ne sono rimasti fuori e non hanno pertanto soddisfatto il loro dovere di dire la propria. Il brutto momento però dura poco (come le cose belle) in quanto ad uno dei nonni in fila tra le duecento persone in piedi che aspettano la ricetta, viene in mente un idea geniale.
Finge di confidarsi sussurrando all’amico che “una volta si faceva prima perché le ricette le tenevano nel cassetto” poi volutamente, alzando la voce, esclama: “ma poi con questa storia dei drogati…” subito la signora rincoglionita di prima ci casca ancora: “Come ? I drogati? In che senso, Cosa è successo..?” il delirio ritorna a regnare sovrano e parte la gara a chi deve raccontare la storia per primo:
Una vecchia lancia in aria il suo bastone per cambiarne l’impugnatura e scaraventarlo a piene mani in faccia alla vicina che aveva aspirato forte per partire con il racconto, un vecchietto scaraventa giù dal secondo piano la borsetta della vicina (che aveva alzato la mano), pugni, calci e rumori di ossa rotte (nella confusione vengono anche lanciati dei fumogeni da qualche ex poliziotto rimasto dalla prima sommossa).
Approfittando dei tafferugli, la scaltra nonnetta dello stratagemma del ricamo di prima, si era però già posizionata (con una banale scusa) a fianco della rincoglionita, e quindi riesce a battere sul tempo tutti i presenti cominciando il racconto tra la delusione generale:: “lo sa… una volta il dottore rilasciava le ricette nella cassetta, fino a quando i drogati hanno cominciato a fregarle, e poi le fregavano sempre !!!!!” La signora rincoglionita continua a non capire, allora intervengono tutti a spiegare, ognuno con la propria storia:
Si parte dall’inizio, il sospetto avvenne alla scoperta di migliaia di vecchietti/e morti a causa delle ricette non ritirate. Poi viene la descrizione del drogato tipo, definito dalle nonne come un mostro a 3 teste alto almeno 6 metri, con 9 code e un alito pestilenziale. Successivamente viene narrato di quando due soli nonni hanno messo in fuga un’orda di duecento drogati, o di quando una ricetta dovette fare il terribile percorso inverso (da casa di nonna a studio medico), e venne protetta nel tremendo tragitto da 5 temerarie vecchiette che da sole hanno dovuto affrontare orde di drogati-orchi.
Le storie si susseguono, da quello venuto dal futuro per impossessarsi delle ricette prima della firma del medico allo scontro epico (con tanto di spade), che ha avuto come protagonista nientepopodimeno che il dottore e un terribile drogato-mutante che incautamente era stato trovato con le mani nel sacco (delle ricette) e urlava “ne resterà soltanto uno!!”. Ovviamente ebbe la peggio, e il dottore riportò la ricetta in mano a nonna con fare trionfale, tra piangi di gioia e applausi generali.

Il tempo passa lentamente, ma la lunga attesa che ha sfinito i pochi giovani rimasti, ha ormai fatto stringere un solido gemellaggio tra i nonni e nonne presenti. Noi veniamo sempre più ignorati e ghettizzati (alcuni inspiegabilmente spariscono e io comincio a preoccuparmi), mentre i vecchietti continuano a coalizzarsi tra di loro passando il tempo a raccontarsela lieti. Dalle ferie del 56’ al giorno della pensione, dalla prima moglie (uguale uguale alla Loren) all’ultima che gli rompe.
L’attesa è sempre più estenuante, sono già le 22 ma il dottore ha ancora dentro il primo paziente.
Tutti hanno già sfogliato più volte le 500 riviste (numeri rari di Oggi e Novella 2000) presenti sul tavolo e gli hanno dato poi fuoco per riscaldare del cibo.
Ormai gli argomenti scarseggiano, tutti sanno tutto di tutti, pertanto si decide che è giunta l’ora di cominciare le prime iniziative: alla mia destra parte un grosso sfidone a bocce tra urla e bestemmioni vari.
Altri si dedicano alla briscola e allo scopone, litigando sempre col compagno.
Alla mia sinistra una nonnetta tira fuori dalla borsa della spesa un giradischi, lo attacca e comincia a far suonare le note de “la mazurca di periferia”. Alcune centinaia di vecchi hanno preso la bici da corsa e fanno su e giù per il corridoio facendo finta di essere al giro d’Italia, le donne fanno il tifo per loro e lanciano le borracce d’acqua.
Al momento della caccia alla volpe mi accorgo che di giovane sono rimasta soltanto io, e comincio a guardarmi intorno con sospetto. Sgattaiolo sul retro e mi avvicino di soppiatto all’ufficio medico dove riesco incredula a sgraffignare una ricetta vuota dalla scrivania del dottore, distratto dall’ausculto del paziente.
A dire il vero una nonna alle mie spalle mi scopre subito, costringendomi a tramortirla con una gomitata in faccia prima che si metta ad urlare. Trasporto con cautela il cadavere nell’armadio (dove scopro una ventina di giovani morti da ore). Non posso più rientrare nello studio quindi mi calo giù dalla finestra.
Ormai sono le 2 di notte quando guardo soddisfatta la mia ricetta e ci trascrivo le medicine per la sopravvivenza.
Mentre mi allontano e dall'alto partono i fuochi d'artificio...

giovedì 23 luglio 2009

[...] Se mi tagli la testa cosa dirai? Me e la mia testa o me e il mio corpo.Che diritto ha la mia testa di chiamarsi me! Sono solo un inquilino di questo stabile! [..]
L'inquilino del terzo piano - Roman Polanski - 1976


Una riunione di condominio. Per me una cosa astratta. Piuttosto che andarci mi sarei tagliata un piede. Purtroppo è stata un imposizione, la presenza era fondamentale. Qui di seguito descriverò alcuni personaggi che hanno popolato questa indimenticabile serata:
L’amministratore
Il suo idolo è Aldo Biscardi e l’amministratore dal suo idolo prende tutto: movenze, enfasi nelle proposte, ma soprattutto l'italiano, che presenta gravi lacune. L’amministratore non ama fare discorsi, ma quando ci prova salta inesorabilmente tutte le parole che non gli vengono in mente in quel momento, rendendo il monologo totalmente incomprensibile. L’amministratore ha tutto sottocontrollo, fortunatamente ad ogni problema che gli viene segnalato lui si era già mosso, aveva già parlato con qualcuno che però non aveva fatto il proprio dovere mettendogli così i bastoni tra le ruote. Un lavoro difficile il suo, ma tiene banco ed è l’idolo della folla. Confermato tra gli urli e i fuochi artificiali
L’impicciona
Sa tutto di tutti. Mette becco in tutto di tutti. Ogni cosa successa in quel condominio lei l’ha vista. Ti squadra subito e (ne sono certa) a casa tiene segretamente uno schedario dettagliato di tutte le persone del condominio (anche del gatto). Spesso si fa giustizia da sola intervenendo direttamente a sedare situazioni pericolose (es. tirando le patate ai clienti della pizzeria), ma la maggior parte delle volte si limita a osservare e basta, prima o poi quello che ha visto verrà a galla e qualcuno chiederà la sua preziosa consulenza.
Il vecchio rompiscatole
Al povero vecchio rompi…… ne succedono di tutti i colori, e purtroppo sono tutte esperienze terrificanti. Ieri per esempio è salito in solaio e ha trovato la porta aperta, bada bene non socchiusa, aperta! Come se non bastasse, ogni qualvolta debba far uscire la sua potente macchina dal box, sopraggiunge uno spiacevole impedimento, solitamente causato dai motorini parcheggiati sempre male dai GIOVANI. Un capitolo a parte infatti è dedicato alla sua costante lotta contro i GIOVANI. Lui ne esce fortunatamente sempre vincitore e la moglie annuisce con fierezza pensando: "donne frenate i vostri entusiasmi, quest'uomo è mio!!"
Lo svogliato (di questa categoria io ne faccio parte)
Lo svogliato passa tutta la serata a scrutare l’orologio, soffocare sbadigli e pensare a tutto quello che avrebbe potuto fare quella sera invece di passarla lì con quei pazzi. Picchia violentemente la testa contro gli spigoli del tavolo, lotta con le zanzare, vorrebbe spaccare una fotocopiatrice, magari fracassandola in testa alla moglie del vecchio rompiscatole, solo per ammazzare la noia. Non riesce a comprendere come si possa andare avanti tre quarti d’ora a parlare delle cassette della posta. Lo svogliato non concede facilmente sorrisi, neanche alle esilaranti battute dell’amministratore.
Il riflessivo
Per la mia disperazione, il riflessivo viene chiamato in causa al punto 4) della riunione. Il terribile “varie ed eventuali”. Sarebbe l’ultimo punto, quando sembrava ormai fatta ed io già pregustavo un rientro anticipato. Il punto 4) invece occupa la maggior parte della serata perché il riflessivo viene chiamato in causa in merito alla terribile disputa CONDOMIONIO Vs PIZZERIA. Il riflessivo descrive la vicenda con dovizia di particolari. Il riflessivo infatti non tralascia nulla e con la grinta di un bradipo in letargo racconta, racconta, racconta, fino a quando il mio cervello non ce la fa più, esce dalla testa si porta via le chiavi di casa. Mi troveranno sul divano con l’amico ventilatore,a leggere. Mentre il mio corpo rimarrà lì su quella sedia eternamente e a fine riunione sarà irrimediabilmente putrefatto.
Voglio una casa senza vicini.

domenica 19 luglio 2009

[...] Se nessuno si metterà sulla mia strada,nessuno si farà male'. [...]

Un giorno di ordinaria follia ( Falling down ) - Joel Schumacher - 1993




Chi lavora a stretto contatto col “pubblico” lo sa: occorre una pazienza di ferro per avere a che fare con umanità di varia natura, ogni giorno, per più ore al giorno, conservando l’equilibrio mentale.C’è quello che esce di casa con un pensiero radicato in mente: andiamo a rompere al primo dei fessi che lavorano in un negozio. Il perché non lo sa bene nemmeno lui, ma si presenta al tuo cospetto con aria di sufficienza, ti guarda come fossi stato, non assunto regolarmente, ma acquistato (da altri, per altro, ma comunque per essere immolato al suo servizio) alla tratta degli schiavi e con fare da pezzente arricchito (perché i veri signori, diciamolo, si riconoscono dal buongiorno all’uscio) ti si pianta al fianco come una molesta spina di cactus fino a che non è sicuro di aver sottoposto la tua pazienza al massimo della sopportazione.
C’è quello che si sente dio in terra: non esiste, per questa sottospecie di essere animale, la parola “buongiorno”, che sarebbe già oltremodo rispettosa rispetto ad un colloquiale “ciao”, sconosciuto finanche quest’ultimo. No, l’umanoide in questione entra e dice direttamente “ho un problema”, oppure “risolvimi”, e a seguire l’oggetto dei suoi comandamenti.
Considerando che, ahimè, la civiltà e la buona creanza non sono doni a buon mercato, e che io, più fortunata rispetto a loro, potevo essere felice di fornirne un esempio.
La mia pazienza, un tempo misurabile su altezze notevoli, si è significativamente assottigliata, e non passa giorno senza ch’io senta l’impulso irrefrenabile di scagliarmi con tutta la cattiveria che posso (e, giuro, ne posso tanta se adeguatamente stimolata) contro il maleducato di turno che mi capiti a tiro.
Fortunatamente tra poco e’ agosto, ed il lavoro sarà terminato.Se riuscirò a non sclerare prima di allora, voglio un paio di settimane di riposo assoluto: fatte di solitudine, silenzio, e solitudine. E silenzio. E solitudine. O meglio,solo di F.


Si. Sono stressata

mercoledì 15 luglio 2009


"Vorresti dirmi, per favore, come si esce da qui?"
"Dipende più che altro da dove vuoi andare" disse il Gatto.
"Non importa molto" disse Alice.
"Allora non conta la strada che prendi" rispose il Gatto.
"...purché arrivi da qualche parte" aggiunse Alice.
"Ah, per questo stai pure tranquilla" disse il Gatto. "Basta che non ti fermi prima".



Alice Wonderland - Tim Burton




ho una collana di parole, rossa, che non ho mai mostrato a nessuno. ma che, ultimamente, mi stringe la gola e insiste per venir fuori. e più mi stritola e più mi sembra di non poterla accontentare. ma lo voglio, fortissimamente. e, prima o poi, ci riuscirò.
sono allergica ai come deve essere, tutti. ma tu dammi una matita e, a occhi chiusi, ti disegno a memoria. non importa quello che dovresti essere, né quello che potresti essere. tu dammi una matita e ti faccio come sei. con le linee della mano attorcigliate intorno al legno a ricordarmi la gravità.ho ritagliato trentotto punti interrogativi a forma di tondissimi puntini di sospensione.
il passato si allontana, il presente si fa bello e il futuro ridacchia. una verità si stabilizza, le apparenze marciscono. e in mezzo tante frasi prive di significato intrecciate a ritornello, solo per ridere. canticchiate per dare gioia. solo per sottolineare la felicità.


[ Sono tornata attraverso lo specchio. Ancora un po' di rincorsa e riparto anche qui. ]

domenica 12 luglio 2009


[...] Le cose che possiedi, finiscono col possederti o procurarti dolore. [...]

Fight Club - David Fincher - 1999



E’ pazzesco scoprire quanti sinonimi ha la parola dolore:
sofferenza, dispiacere, amarezza, angoscia, disperazione, tristezza, affanno, afflizione, accoramento, cruccio, preoccupazione, inquietudine, pena, patimento, struggimento, travaglio, tribolazione, mestizia, spina, ferito, lutto, cordoglio, oppressione, crepacuore, desolazione, patema, rodimento.

No, non è l’amore che va via.Mi sono solo fracassata un piede, alzandomi dal letto con gli occhi ancora a fessura, centrando in pieno un mobile che fino a ieri, sono sicura, non si trovava lì.
Non sono riuscita a trovare la parola esatta, quella che renda perfettamente l’idea. Ho capito, provo a cercare un sinonimo di Parolaccia.

sabato 11 luglio 2009



[...] Per favore accettate le mie dimissioni: non voglio far parte di un club che persiste a volermi accettare come membro. [...] Groucho Marx




"Sono una Dispensatrice di Sorrisi.
La Dispensatrice Di Sorrisi, dispensava sorrisi.Sorrideva per il fornaio, sorrideva per il postino, sorrideva persino per il suo datore di lavoro, la Dispensatrice di Sorrisi. E quelli, mentre lei sorrideva, sorridevano a loro volta, perché dispensava sorrisi per quelli che di sorrisi non ne avevano. Fin da piccola, la Dispensatrice di Sorrisi dispensava sorrisi, a destra, a manca, col buio di notte e col sole di giorno finché divenne famosa in tutto il pianeta globale, in America, in Australia, nei continenti con la E, come l’Europa, e in quelli con la X, sulla fiducia. Aveva cataste piene di sorrisi in soffitta, in cantina, sotto il cuscino, nelle scarpe e nei barattoli di zucchero nella dispensa, la Dispensatrice di Sorrisi, e tutti, tutti li donava i suoi sorrisi, senza emettere fattura e senza compenso.
Quando dispensò il suo centoquattordicimiliardesimo sorriso, ebbe un malore e si accasciò sfoggiando un sorriso d’ottima annata .
Nessuno sa cosa avvenne dopo quel giorno, per paura di un possibile contagio,

Questa è la triste storia della Dispensatrice di Sorrisi."